“Come si può affermare di amare Dio che non si vede se non lo si riconoscere nel fratello in difficoltà che ci passa accanto?”, si chiede papa Francesco. E ancora: “Rimanere sordi a quel grido, quando noi siamo gli strumenti per ascoltare il povero, ci pone fuori dalla volontà del Padre e dal suo progetto”. Il Papa, inoltre, sottolinea con forza che l’aiuto ai poveri “non è una missione riservata ad alcuni”, tutti devono “collaborare per risolvere le cause strutturali della povertà” e tutti devono anche compiere “i gesti più semplici e quotidiani di solidarietà di fronte alle miserie concrete che incontriamo”. Questo ricordando che “la funzione sociale della proprietà (…) e che il possesso dei beni si giustifica per custodirli ed accrescerli perché meglio servano al bene comune”. Come diceva don Tonino Bello, grande vescovo scomparso nel 1993: “Vedete, noi come credenti ma anche come non-credenti, non abbiamo più i segni del potere”. Nel senso che se noi potessimo davvero risolvere tutti i problemi dei disoccupati, dei drogati, dei migranti, i problemi di tutta questa povera gente, allora, sì, avremmo i “segni del potere” sulle spalle. “Però c’è rimasto – diceva sempre don Tonino – il potere dei segni, il potere di collocare dei segni sulla strada a scorrimento veloce della società contemporanea, collocare dei segni vedendo i quali la gente deve capire verso quali traguardi stiamo andando e se non è il caso di operare qualche inversione di marcia”. Ecco attuale il celebre detto del poeta messicano Salvador Dìaz Miròn: “Sappiatelo, sovrani e vassalli, eminenze e mendicanti: nessuno avrà diritto al superfluo, finchè uno solo mancherà del necessario.”