Un’inedita storia della guerra d’Etiopia emerge dai rapporti fiduciari delle spie e dai rapporti militari, ma soprattutto traspare dalle lettere e dai diari dei veri protagonisti dell’ultima avventura coloniale italiana promossa 80 anni fa dal regime fascista. Dopo il volume Di pura razza italiana presentato nel 2013, il giornalista e saggista Marco Palmieri torna a Marino martedì 27 ottobre nella medesima sala di piazza Lepanto, dove alle 17:30 su iniziativa della locale sezione dell’ANPI sarà presentato il suo ultimo libro fresco di stampa: L’ora solenne, edito da Baldini e Castoldi. All’incontro pubblico saranno presenti, oltre all’autore, il presidente della Sezione ANPI di Marino Nilo Rizzo, il presidente dell’ANPI provinciale Ernesto Nassi e Ugo Onorati che introdurrà l’argomento. Un posto d’onore sarà riservato ai rappresentanti della comunità etiope in Italia. Per l’occasione saranno proiettati importanti documenti audiovisivi.
Quello che consentì al duce di poter affermare, il 9 maggio 1936, di aver fatto riapparire l’impero dopo quindici secoli sui “colli fatali di Roma” fu un possedimento effimero, durato appena cinque anni, che però servì al regime dittatoriale per consolidare il suo potere in Italia e per rafforzare il suo prestigio internazionale. Fu una guerra coloniale, intrapresa fuori tempo massimo della storia, propagandata dal regime come diritto degli italiani di avere un “posto al sole” a dispetto degli egoismi di Francia e Inghilterra. Fu una guerra nazionalista mascherata dalla prospettiva di dare pane e lavoro a operai e contadini disoccupati. Eppure con quell’impresa Mussolini raggiunse il più alto livello del consenso popolare, mentre all’antifascismo toccò quello più basso. Il 3 ottobre 1935 un esercito modernamente attrezzato formato da mezzo milione di uomini invase l’Etiopia sulle note di Faccetta nera, piegando dopo sette mesi la sua resistenza, anche facendo ricorso ai gas asfissianti sparsi dall’aviazione sui villaggi di capanne.
Si tratta di una storia esemplare, che ancora oggi può insegnarci quanto peso possa avere sull’opinione pubblica una propaganda di regime ben orchestrata e una disinformazione pianificata. L’illusione collettiva, inizialmente presente nei diari dei soldati e nelle loro lettere alle famiglie, si trasformò nel corso dell’impresa bellica coloniale in una disillusione privata.