(Christian Albini) – Un libro di venti anni fa prendeva spunto da Antonio Rosmini per denunciare “le cinque piaghe della parrocchia italiana” e a rileggerle possiamo riconoscerle tutte come attuali. Segno che qualcosa è rimasto fermo troppo a lungo e sarebbe ora di “riaprire il cantiere delle parrocchie”. Il testo compie una analisi coraggiosa dei problemi più urgenti della parrocchia e della sua pastorale e ne sintetizza alcuni, chiamandoli metaforicamente “piaghe”.
Prima piaga: missione anemica – si presta molta attenzione ai pochi che frequentano il tempio e si trascurano i molti che vivono nel territorio. La parrocchia, invece, è nata per essere Chiesa missionaria tra la gente.
Seconda piaga: catechesi sclerotizzata – Si è molto intenti ad organizzare la catechesi mentre il popolo di Dio manca oggi di evangelizzazione. Spesso, inoltre, la catechesi è finalizzata ai sacramenti e non è in funzione della vita; in che misura il Vangelo che ascoltiamo ci abilita a vivere le diverse situazioni del nostro esistere? La parrocchia non si fa carico dell’annuncio del vangelo ai lontani e della catechesi permanente degli adulti.
Terza piaga: disimpegno socio-pastorale – Si è sempre più impegnati in campo cultuale e sempre meno in quello socio-culturale. La parrocchia non si interessa alla vita del territorio, è poco attenta ai bisogni dell’uomo. Siamo molto bravi e attivi nella carità che risponde alle emergenze, che interviene con aiuti immediati, ma rischia di essere una carità “presbite” che non vede le persone al di là del loro problema e soprattutto non interviene a livello socio-politico. Questo implica anche la capacità di interloquire e collaborare con soggetti diversi, esterni o lontani dalla realtà ecclesiale.
Quarta piaga: scollamento tra parrocchia, gruppi e movimenti – Manca nella parrocchia il dialogo tra comunità, associazioni, movimenti e gruppi, intesi come membri della stessa famiglia ecclesiale. La parrocchia spesso non è segno di un cammino pastorale armonico e unitario.
Quinta piaga: clero non sempre attento alle nuove domande socio-pastorali. Il clero stenta, molte volte, ad uscire dall’ “ovile” perché poco allenato al dialogo con il mondo. Il parroco non sempre possiede la formazione umana e pastorale adatta allo svolgimento del suo ministero. Spesso la tendenza diventa quella della ripetizione della conservazione dell’esistente, della ripetizione di copioni consolidati.
Alle cinque piaghe individuate da chi ha scritto questa riflessione, ne aggiungerei una sesta piaga: il clericalismo per cui ogni attività, progettualità e iniziativa fa riferimento al prete per cui il ruolo del laico si limita a essere al più esecutivo, senza realizzare una vera partecipazione e corresponsabilità.