(don Bruno Meneghini) – Come nella prima incarnazione, Gesù di nuovo si fa piccolo, entra nel mondo dal basso, come un senza-casa, bagaglio leggero: pianta la sua tenda agile, facile da smontare a ogni levar del sole. Gesù lascia qualsiasi luogo che possa essere definito come “suo”: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9,58). Si mette in cammino lungo le strade di Galilea, per spazi liberi e aperti che appartengono a tutti.
La politica e i potenti fanno “opere”, invece i poveri, le donne, i piccoli tracciano “gesti”. Così anche Gesù: non lo vediamo mai dare avvio a grandi opere, a iniziative grandiose, ma lo vediamo spesso fermarsi, avvicinarsi, accarezzare, toccare occhi, orecchi, pelle di lebbrosi, mani paralizzate, stendere un petalo di fango sugli occhi del cieco. Fiorivano miracoli dalle sue mani: esse erano il luogo dove era detto il cuore.
Tra i gesti di Gesù, i vangeli registrano quello di entrare in molte case, là dove si è veri, dove si lasciano cadere le maschere indossate come difesa o come seduzione verso gli altri. La casa è la culla delle relazioni autentiche e dei rapporti fondamentali, dai quali poi dipende in gran parte la felicità o l’infelicità delle persone. Infatti, appena scelti i Dodici, Gesù <<entrò in una casa (il luogo dove la famiglia nasce, una nuova si compone, dove si è felici o no) e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo: dicevano infatti: “E’ fuori di sé”>> (Mc 3,20-21), fuori dalla realtà, fuori dalle righe, eccessivo (ma solo gente fuori dalle righe può togliere la coltre di cenere che copre la storia, diceva il cardinal Martini). <<Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: “Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano”. Ma egli rispose loro: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”>> (Mc 3,31-35).
E’ venuto l’intero suo clan familiare, i quattro fratelli, dai nomi che riecheggiano quelli dei patriarchi biblici, le sorelle (tre) e la madre, perché non condividono la sua scelta di fare il maestro itinerante. E Gesù, da una casa non sua, circondato da una folla di persone senza alcun legame di parentela o di sangue, costituisce ora la sua famiglia. Dal luogo più carico di senso e di simboli, propone il nuovo modello di casa. “Ecco mia madre e i miei fratelli!” E non sono parole che contengono una sorta di rinnegamento del clan familiare ma, ben di più , sono termini che a lui suonano cari e dai quali emerge il suo desiderio di fratellanza, l’ansia di una maternità diffusa, di una sorellanza che sia la più vasta possibile. Gesù ha grande stima dei legami parentali: per trent’anni nella casa di Nazaret ha respirato un’aria vitale; fratelli e sorelle hanno acceso in lui energia e calore di sentimenti e di emozioni dal sapore buono. E sono questi legami positivi che il “Maestro del cuore” vuole ora estendere alla folla che lo circonda. Vuole moltiplicare le relazioni forti e sane della sua famiglia a livello di massa, sogna che il mondo intero diventi la casa comune, la patria condivisa dove finalmente sentirsi a casa.