Dopo il corteo del 25 maggio 2015 si aspetta una soluzione dignitosa della questione dei rifugiati a Marino dopo un avvio gestito male e le strumentalizzazioni di alcuni, sia locali che venuti a posta a Marino per ottenere visibilità.
Circa cinquecento persone che sfilano in corteo il 25 maggio scorso: partenza ore 21.00 da Piazza Matteotti per poi scendere per Corso Trieste, passando per Piazza Garibaldi fino a giungere a Via Cesare Colizza, davanti alle palazzine cui il prefetto ha destinato i 78 immigrati, dove il corteo è atteso per la diretta televisiva sulla trasmissione “Quinta Colonna”.
Il corteo, scortato da Carabinieri e Polizia, si svolge con ordine: i partecipanti mostrano gli striscioni preparati nelle ore che precedono il corteo: “Integrare non è sfruttare”, “Marino non ci sta! Ma quale solidarietà, solo business e finta carità”, “Nessuno tocchi il mio popolo!”. Giovani, adulti, anziani, donne, bambini che sfilano, alcuni portano fiaccole accese, altri sventolano bandiere tricolore. Ogni tanto qualcuno apre un coro: “Marino unito!”, “Diritto alla casa, diritto al lavoro, non ce lo abbiamo noi, non ce lo avranno loro!” , poi qualcuno intona l’inno di Mameli.
Intervistiamo qualcuno dei residenti nelle palazzine destinate ai rifugiati per capirne motivazioni e stati d’animo: “Abbiamo acquistato la nostra casa grazie alle agevolazioni previste dalla legge 167 per l’edilizia agevolata per le giovani famiglie che acquistano la prima casa. Abbiamo aspettato più di due anni prima che il costruttore ce la consegnasse ed ora che finalmente abbiamo una casa, scopriamo che il costruttore, in palese violazione della legge 167, ha affittato gli appartamenti che non è riuscito a vendere ad una cooperativa sociale. Questa cooperativa si è aggiudicata il bando indetto dalla Prefettura per fornire ospitalità agli immigrati con lo status di rifugiati e il Prefetto, non sapendo che il provvedimento fosse in difetto di legittimità, ha firmato un provvedimento di assegnazione dei rifugiati alle nostre palazzine”.
Intervistiamo una donna incinta: “Ho un figlio di due anni e un altro in arrivo: venerdì partorirò ma sono sinceramente agitata. Mi spaventa sapere che verrà allestito un centro accoglienza per immigrati nel mio condominio: come donna e come madre sono molto preoccupata per me e i miei figli.
Un’altra giovane donna ci dice “Il condominio si trasformerebbe in un ostello : sotto la mensa e le aule ricreative, sopra gli alloggi. Non conosco questi ragazzi, ma 78 immigrati che si spostano per le aree comuni condominiali credo creino un forte problema di integrazione”.
Un’altra testimonianza ci dice: “Non si tratta di razzismo, ma di rispetto della legalità: siamo stati dal Prefetto per evidenziargli che, affittando questi appartamenti che sono stati costruiti per essere destinati alle giovani famiglie, sono state violate le norme previste per l’edilizia agevolata. Gli abbiamo sottolineato che si tratta di appartamenti ad uso residenziale e non sono adatti ad essere trasformati in una struttura ricettiva. In Prefettura ci hanno accusato di razzismo e scarsa tolleranza, non accettiamo di essere insultati da chi svolge il ruolo di rappresentare le nostre istituzioni”.
Questi sono gli stati d’animo degli abitanti della zona Paolina mentre sfilano in corteo di protesta a Marino. E mentre ancora una volta si alzano alcune voci ad intonare l’inno di Mameli, dopo aver ascoltato queste interviste mi chiedo come interpretare questo canto: forse per alcuni significa chiusura verso lo straniero, per altri è forse un appello da cittadini italiani alle istituzioni in cui malgrado tutto ancora credono, perché gestiscano l’emergenza nel rispetto delle leggi e non la lascino gestire al caso.
Donatella Dibello